Pubblicato da: danielecolleoni | 22 Maggio 2024

“Mia sconosciuta”

 

Il suo sorriso si accendeva di una luce vitale, dolce, eppure ambigua, spietata. Non la si sarebbe mai incontrata a un pranzo di nozze o a un veglione di capodanno; li considerava inutili convenzioni sociali, consuetudini prive di senso. È lei – figlia ribelle della migliore borghesia – la sorprendente protagonista di questa storia vera, che ci appare come in un gioco di specchi di fronte all’autore, suo unico figlio, suo unico amore. Si entra così in una tensione emotiva che per propria natura dovrebbe essere asimmetrica – come lo è l’amore tra una madre e il suo bambino – ma che si rivelerà via via sempre più intrecciata e senza ruoli. La passione per i ghiacciai, per gli alberi pionieri, per la grande montagna, per la vita in due, incessantemente in due, accompagnati dalle note del repertorio pianistico che questa donna senza freni suona fino a notte fonda. I ricordi si allineano riempiendo un mondo speciale e perciò carico di nostalgie. L’insospettabile vita a Courmayeur durante la guerra; l’unione clandestina con Edi Consolo, mitico agente segreto della Resistenza; le notti senza luci della Milano della Ricostruzione, al bar Jamaica, con le avanguardie e i circoli dell’antiaccademia. Tutto filtrato da una critica laica, da uno sguardo che milita contro ogni forma di retorica e di presunta purezza. Infine, alla soglia della morte, il gravoso passaggio del testimone di una madre che non vuole vedere il suo mondo e i suoi insegnamenti dissolversi con lei.

Mia sconosciuta
Marco Albino Ferrari

 

“Guardo te per capire cosa pensare. Guardo te per sapere cosa sentire. Per sapere chi sono io. E mentre ti guardo, come tutti i bambini del mondo, ti cerco la mano.”

 

“Legarsi in cordata con la propria mamma non è cosa da tutti. Anche se, in fondo, ognuno di noi è stato unito più o meno in quel modo in un proprio intimissimo passato.”

 

“E soprattutto, il vero lato oscuro di tutto quanto, il vero affronto, la vera questione che mi avrebbe turbato, non era dare un volto a mio padre, era come mia madre avesse potuto abbracciare un altro al di fuori di me.”

 

“Ha vissuto dentro una vita di astrazioni, di memorie alimentate, e in questo luogo così proibitivo e così lontano, in questa scatola di lamiera, sperduta in un nulla così favoloso anche se reale, così fantastico anche se tangibile, in questo microcosmo immerso nel macrocosmo dei ghiacciai, ha trovato un rifugio nel quale ritornare.”

 

“Bisogna tenerli vivi, i ricordi, rivestirli di pensieri e di parole. Me lo ricordava perché lei stessa in fondo viveva di quello, come ogni vedova che si consegna per intero al suo stato di solitudine e si rifugia nei giorni felici del passato. Ma non sono d’accordo con lei: i ricordi non vanno troppo alimentati, non vanno coltivati come un frutto che generi benessere, il rischio è la creazione di un mito.”

 

«Tu dovrai saper riconoscere l’amore, ricordatelo, piccolo mio, l’amore non ti sorride tante volte nella vita. Dovrai coglierlo quando passa senza fartelo sfuggire, e viverlo fino in fondo. Io ci ho provato».

 

“Ci vuole coraggio a essere sé stessi. Ma poi cosa vuol dire essere sé stessi? Forse, semplicemente, non sentirsi fuori posto stando con gli altri. Non viviamo soli, ed è proprio attraverso gli occhi degli altri che ci definiamo”

 

“Nessuno conosce i propri genitori, sono loro che ci conoscono: ci hanno visti nascere, crescere, farci adulti. E questa mancanza di simmetria ci porta a immaginarli dentro un racconto che siamo noi a ripeterci per ritrovare noi stessi”

 

“Questo libro è il racconto che mi sono fatto di te, anche se so che in parte mi sei sconosciuta.”


Risposte

  1. Grazie per la segnalazione!


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