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Giudizi e Rabbia
Marshall Rosenberg
“Il ragazzo selvatico”
Paolo ha trent’anni e si sente senza forze, sperduto, sfiduciato: gli sembra di non andare da nessuna parte. Soprattutto non scrive più, che per lui è come non dormire o non mangiare. Così lascia Milano, la città dov’è nato e cresciuto e se ne va a stare in montagna, in una baita a duemila metri, nella speranza di fare i conti con il passato e ricominciare a scrivere. Qui, nella solitudine quasi totale, riscopre una vita più essenziale e rapporti umani sinceri con gli unici due vicini di casa. Da una delle migliori voci della narrativa italiana, la storia di una lotta a mani nude contro il dolore per ritrovare se stessi.
Il ragazzo selvatico.
Quaderno di montagna
Paolo Cognetti
“Il giovane uomo urbano che ero diventato mi sembrava l’esatto contrario di quel ragazzo selvatico, così nacque in me il desiderio di andare a cercarlo. Non era tanto un bisogno di partire, quanto di tornare; non di scoprire una parte sconosciuta di me quanto di ritrovarne una antica e profonda, che sentivo di avere perduto.”
“Mi sentivo sfiduciato e sciocco, trascinato fin lì da un gioco insulso: perdermi per vedere se ero in grado di ritrovare la strada, scappare lontano da tutti per cullarmi nella nostalgia. Ero andato in montagna con l’idea che a un certo punto, resistendo abbastanza a lungo, mi sarei trasformato in qualcun altro, e la trasformazione sarebbe stata irreversibile: invece il mio vecchio nemico spuntava fuori ogni volta più forte di prima.”
“Avevo imparato a spaccare la legna, ad accendere un fuoco sotto il temporale, a coltivare un orto… ma non avevo imparato a stare da solo.”
“Così presi la mia decisione: per un po’ me ne sarei stato in giro […] Partivo bello carico, eppure chiudendomi la porta alle spalle mi sembrò di liberarmi di un peso. Come sempre, il peso poteva essere la baita o la gente che ai miei occhi l’aveva profanata, ma era molto più probabile che fossi io. Da che altro scappiamo quando scappiamo di casa? Addio, mi dissi, e poi presi il sentiero che saliva a est”
“La facevo anche da bambino questa cosa, un ultimo giro per salutare la montagna. Scrivevo dei biglietti e li nascondevo nelle rocce spaccate, nelle fessure delle cortecce. Così le mie parole sarebbero restate lì anche dopo di me: proprio come questo libro.
Era tempo di tornare giù. Conoscevo già tutti i sogni che avrei fatto d’inverno.”
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La felicità
“Felicità? È una parola che, di tanto in tanto, nella mia vita, ho raccolto, ho osservato – ma mai l’ho scoperta sotto le stesse sembianze.”
Doris Lessing
Memorie di una sopravvissuta
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Temporale (haiku)
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“Desert solitaire”
“Desert solitaire” è diventato un libro di culto sin dalla sua pubblicazione, nel 1968. Un racconto provocatorio e mistico, arrabbiato e appassionato, in cui Edward Abbey ci restituisce la sua esperienza di ranger nell’Arches National Monument, nel Sudest dello Utah, catturandone l’essenza e trasmettendoci il desiderio di vivere nella natura e conoscerla nella sua forma più pura: silenzio, lotta, bellezza abbagliante. Ma “Desert solitaire” è anche il grido angosciato di un uomo pronto a sfidare il crescente sfruttamento operato dall’industria petrolifera, mineraria e del turismo. Sono trascorsi quasi cinquant’anni, e le osservazioni di Abbey, le sue battaglie, non hanno perso nulla della loro rilevanza. Anzi, oggi più che mai, “Desert solitaire” ci chiama a combattere, mettendoci di fronte a un’ultima domanda fondamentale: riusciremo a salvare ciò che resta dei nostri tesori naturali prima che i bulldozer manovrati dal profitto colpiscano ancora?
Desert solitaire.
Una stagione nella natura selvaggia
Edward Abbey
“Le montagne sono quasi senza neve, a parte alcune chiazze nei canaloni sui versanti rivolti a nord. Quelle distese di neve rinsecchite sono comunque consolanti. Mi rassicurano con la promessa che se quaggiù il caldo si facesse intollerabile potrei sempre rifugiarmi per un paio di giorni alla settimana sulle montagne. Sapere che ho un rifugio a disposizione rende più sopportabile l’inferno silenzioso del deserto. Le montagne completano il deserto come il deserto completa la città, come la natura selvaggia integra e completa la città.
Si può amare e difendere la natura anche senza avere mai lasciato i confini di asfalto, linee elettriche e superfici ad angolo retto. Abbiamo bisogno della natura, che ci abbiamo messo piede oppure no. Abbiamo bisogno di un rifugio, anche se potremmo non andarci mai. Abbiamo bisogno di una vita di fuga quanto abbiamo bisogno della speranza; altrimenti la vita nelle città spingerebbe tutti gli uomini verso il crimine, le droghe o la psicoanalisi.”
“Sono quasi disposto a credere che questa dolce terra verginale e primitiva sarà grata per la mia partenza e l’assenza di turisti.
Grata per la nostra partenza? Un’altra espressione di vanità umana. La migliore qualità di queste pietre, piante e animali, di questo panorama desertico è la manifesta indifferenza alla nostra presenza, alla nostra assenza, al nostro arrivo, permanenza o partenza. Il deserto non è minimamente toccato dalla nostra vita e dalla nostra morte. Gli uomini, nella loro follia, facciano pure esplodere tutte le città della Terra, trasformandole in macerie annerite, avvolgano pure l’intero pianeta in una nuvola di gas letali, ma i canyon e le colline, le sorgenti e le rocce saranno ancora qui, la luce del sole filtrerà, l’acqua si formerà e il calore salirà dal terreno e trascorso il tempo necessario, non importa quanto lungo, la vita ritornerà, risorgerà, questa volta forse per prendere un corso diverso e migliore.”
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L’avvenire
“Io vedo l’avvenire. È là, posato sulla strada, appena un po’ più pallido del presente. Che bisogno ha di realizzarsi? Che cosa ci guadagna? La vecchia s’allontana zoppicando, si ferma, si tira su una ciocca grigia che le sfugge dal fazzoletto. Cammina, era là, ora è qui… non so più come sia: li vedo, i suoi gesti, o li prevedo? Non distinguo più il presente dal futuro, e tuttavia la cosa continua, si realizza a poco a poco; la vecchia avanza per la via deserta, sposta le sue grosse scarpe da uomo. Questo è il tempo, né più né meno che il tempo, giunge lentamente all’esistenza, si fa attendere, e quando viene si è stomacati perché ci si accorge che era già lì da un pezzo.“
Jean-Paul Sartre
La nausea
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La vita è
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“La vita è un gomitolo che qualcuno ha aggrovigliato. Essa ha un senso se è srotolata e disposta in linea retta, o ben arrotolata. Ma così com’è e un problema senza nucleo, un avvolgersi senza un dove attorno a cui avvolersi.“
Fernando Pessoa
Il libro dell’inquietudine
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Notti chiare
“Non faceva freddo, il giorno era stato lungo, e anche se adesso era buio la luce non era scomparsa, sembrava come avvolta dalla notte. Pensai questo. Nella vita di una persona ci sono sempre state delle notti chiare, ma arriva il giorno in cui uno le nota per la prima volta.“
Peter Høeg
I quasi adatti
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Se risuona
“Se ciò che io dico risuona in te, è semplicemente perché siamo entrambi rami di uno stesso albero.”
William Butler Yeats
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Troppo spesso
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“Troppo spesso accade che una persona che non sa offrire nulla a se stessa accusi l’altra di essere egoista; chi non si concede di riposare accusa l’altro di essere pigro, chi ha paura di dire di no accusa l’altro di essere capriccioso, chi non sa prendere il posto che gli compete accusa l’altro di voler controllare tutto quanto.”
Claudia Rainville
Cambia la tua vita
Nati per Essere Felici, non per Soffrire
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